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La polveriera di Nobel

La Polvieriera di Nobel è un vecchio pallottolificio che risale alla fine della seconda guerra mondiale. Si trova nei pressi della stazione di Carmignano, vicino a Signa. Da più di 60 anni è in stato di abbandono ma le sue rovine portano impressa una storia ricca ed interessante, essendo stato uno dei bersagli principali della resistenza della zona. L’azione più epica fu l’attentato ad un treno merci carico di esplosivi, pronto per rifornire le truppe fasciste al fronte. Otto di questi vagoni furono fatti brillare da una compagine di giovani partigiani che morirono quasi tutti nell’esplosione.  Se vi interessano ulteriori dettagli della cosa c’è questo post dove potete trovare la ricostruzione storica dei fatti.Pochi giorni fa, siamo andati a fare un’esplorazione dell’area, che ha comportato qualche problema di localizzazione ma è stata comunque molto interesante. potete leggere un report dell’esplorazione QUI

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Genius Mutandi

In questo post si parla di una strada. Una strada che in realtà è formata dal congiungersi di due vie in continuità fra di loro, via delle Panche e via Reginaldo Giuliani, nel tratto che da via Caccini porta fino alle porte di Sesto Fiorentino, disegnando ai suoi lati il quartiere di Castello e del Sodo, nella periferia nord della città di Firenze. Un tempo area industriale e artigianale della Firenze degli anni cinquanta, è diventata negli ultimi anni, teatro di grandi trasformazioni causate dal riassetto del comparto economico e produttivo della città; le grandi industrie, alcune ancora presenti (vedi la Seves), si sono spostate o si stanno spostando in aree industriali più consone, nell’interland di Sesto o Calenzano, lasciando alle loro spalle immensi spazi vuoti che diventano subito bocconi appetibili per una fauna eterogenea di soggetti. Da una parte ci sono gli investitori, che vorrebbero mettere a profitto le aree per trasformarle in unità abitative, dall’altra c’è la popolazione della zona, che in varie forme e modalità sta cercando una strada per riappropriarsi di questi spazi, nel tentativo di realizzare servizi pubblici o spazi di socialità. All’interno di questo tira e molla, si muovono le istituzioni, che con un colpo al cerchio ed uno alla botte, stanno portando avanti la trasformazione dell’area, a colpi di modifiche sul piano strutturale ed assemblee pubbliche con i cittadini. Qui trovate un tentativo di individuare dei luoghi simbolo di questa dinamica evolutiva dagli esiti ancora incerti. La nostra strada si trasformerà in confine fra mondi, sarà il fiume lungo cui navigheremo le storie racchiuse nei suoi argini, sarà un invito all’esplorazione di dinamiche segrete ma vive, presenti dove si lascia spazi vuoti o spazi in attesa di essere riempiti. Sarà una micro-raccolta di racconti inediti, attraverso cui osservare la realtà che abitiamo tutti i giorni, dandogli nuova dignità e spessore.

QUI trovate il testo in versione integrale e da QUi potete scaricarvi il pdf con l’impaginato per la stampa.

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Varlungo, riva destra

4 passi sulla riva destra dell’arno
map

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Deriva 08 – Cascine – Argingrosso

Prima ancora d partire, le cose si complicano. JP torna a piazza della stazione a noleggiare la bici come domenica scorsa, ma, sorpresa, il noleggio è chiuso. Allora lei telefona al numero delle informazioni e viene ad apprendere che, dato che ha fatto due gocce di pioggia in prima mattinata, non si apre… tanto i turisti non ci sono (?) e non è previsto che qualche privato cittadino sia così folle da utilizzare una bicicletta… altri noleggi nei dintorni non se ne trovano, e alla fine si decide che jopixel ci seguirà a piedi per un pò, e quando si sarà stufata se ne va per fatti suoi. Un pò demoralizzante. Ma tutta l’esperienza in generale ha dimostrato che a Firenze una mobilità sostenibile, integrata ed efficiente è ancora un miraggio inarrivabile. E la bicicletta un mezzo marginalizzato.

Intanto, una prima considerazione che mi è venuta alla mente, è che tutti i recenti interventi finora non sono riusciti minimamente a invertire la tendenza alla deriva del centro storico rispetto al resto della città. La “faglia” che divide la città intramuros si allarga sempre di più. In fondo anche la pedonalizzazione del duomo e il tram continuano a remare in quella direzione, e ad esempio, uscire dal centro verso novoli o l’isolotto in bicicletta è un camel trophy abbastanza avventuroso…

ore 15 – via Giovanni Michelucci

Il nuovo insediamento Firenze leopolda è un posto piuttosto spiazzante. relativamente inosservato, questo intervento ha riurbanizzato l’area parzialmente dismessa intorno all’ex Stazione Leopolda. Anzi, rinata stazione Leopolda, visto che è entrato in funzione un terminale della linea che porta ad Empoli. Sta di fatto che questa area è un cul de sac, con una sua viabilità interna che non sfocia sulle strade parallele che convergono a porta al prato.

Le strade sono strade private, di fatto un pezzo di città che aggiunto al tessuto urbano avrebbe potuto decongestionare questa zona, ma piuttosto l’impressione è di una zona sottratta…. Proseguendo, a una prima serie di nuove costruzioni decenti, qualcuna anche interessante,  si susseguono in progresiva caduta libera alcuni obbrobri degni del catalogo “DeliroArchitettonico”, tra cui il pastiche neo-medievale qui sotto…

Arriviamo a una rotonda cieca, che da su un capannone dismesso, ma non disabitato. Presumibilmente Rom,  un gruppetto di giovani maschi che ci guardano sospettosi. C’è un passaggio nella recinzione, ma con le bici non ci si passa, e comunque loro non sembrano particolarmente accoglienti, anche se non ostili. Dobbiamo tornare indietro e poi scendere delle scale con le bici per proseguire nella nostra direzione. peccato, sarebbe un percorso perfetto per una pista ciclabile che va dalla stazione verso piazza Puccini.

Proseguiamo lungo via Paisiello, che costeggia il tratto ferroviario, piccole palazzine residenziali, case operaie dell’inizio novecento, impianti sportivi. Sbuchiamo di fronte all’ex Manifatura Tabacchi, altro mausoleo in perenne sospensione, un fantastico spazio espositivo ricavato dalla riconversione industriale che rimane inutilizzato, cugino del Meccanotessile. Ora come ora, fa da sfondo allo stanco pomeriggio di una prostituta

ore 15.30 – Fosso Macinante

passiamo sotto il ponte ferroviario e ci inoltriamo verso le cascine. Subito a sinistra roviamo un cancello aperto, con un divieto di accesso che ignoriamo. Un sentiero sterrato corre lungo il fosso macinante. Ci consultimo sul seguirlo, Iac sostiene che alla fine è chiuso, io per spirito di esplorazione decido di fare una veloce pedalata a verificare. A parte la puzza del fosso, che vi assicuro non è per niente piacevole, si tratta di un vero e proprio spazio interstiziale, un lungo sentiero contornato di canneti, piccoli orti, rimesse con cavalli.  Ancora un perfetto tratto per una pista ciclabile attrezzata. Come previsto dall’infallibile Iac, alla fine il sentiero arriva  al Barco, ma gli ultimi metri sono interrotti da muri e dislivelli che impediscno di ricongiungersi alla strada. Devo tornare indietro…

ore 16 – Cascine

ore 16.30 – Ponte all’Indiano

ore 16.45 – via dello Scalo

ore 17 via dell’Isolotto

ore 17.30 ponte del tram

Arriviamo al nuovo ponte del tram. Decisamente suggestivo, insolito per Firenze, un piccolo flash di come questa città potrebbe essere con un tsistema esteso di trasporto integrato e sostenibile. metropolitana leggera, pedoni, ciclisti, immerso nel verde. Proseguiamo attraversando il viale delle cascine, seguendo la strettoia in cui è incanalato il traffico audio, a fianco al vechio sferisterio. Anche questa zona appare miolto diversa. Ci troviamo di fianco al grande cantiere della città della musica, cerchiamo di capire quale è lo stato di avanzamento. In nostri sforzi deduttivi sono abbastanza sprecati, infatti basta proseguire lungo le recinzioni per scoprire un certo trambusto verso l’ingresso del cantiere.

ore 18 – Cantiere Città della Musica

In perfetto orario, finiamo il nostro giro di fronte alla futura “Città della Musica” dove nel quadro dell’evento “100 luoghi”, in vista dell’assemblea che si svolgerà la sera, l’amministrazione ha predisposto la visita guidata al cantiere. L’amministrazione Renzi ha predisposto le cose per bene per questo evento mediatico (pseudo) partecipativo. Gruppi di cittadini attendono di poter entrare, mentre un camion con uno schermo LCD trasmette un filmato promozionale, con il sindaco col caschetto da cantiere, e l’intervista a Zubin Mehta che si dice deliziato dal nuovo auditorium in arrivo. Non c’è che dire, la nuova amministrazione fiorentina ha imparato come impacchettare un pò meglio i suoi progetti in modo accattivante…bisogna vedere se al di la di questa migliorata capacità cosmetica, la sostanza delle trasformazioni urbane vedrà qualche miglioramento…

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Deriva 07: Novoli-Castello

PERCORSO

10.30am

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La strada scorre facile sotto le ruote della bici; è domenica mattina, le auto hanno lasciato dormire i loro padroni, rilassandosi lungo le strade di Firenze, che appare a miei occhi assonnati, solare e silenziosa. L’appuntamento è per le 11.00 alla Stazione di Santa Maria Novella, la discesa di Via Statuto collabora a ridurre le distanze, mentre cerco di ricordarmi l’ultima volta che ho usato una bicicletta. L’obbiettivo è di attraversare un bel pezzo di città su ruote e pedali, cercando di cogliere in questo movimento, il movimento più grande di un contesto in trasformazione, di una città che muta lenta, su binari saldati da soldi e potere.
A santa Maria Novella, qualcosa è cambiato. La stazione si vede. Hanno tolto la pensilina dei bus. La piazza respira e sembra meno malsana. I pedoni della stazione attraversano sempre con il rosso. Davanti al Mac Donald, un tipo chiede gli spicci per comprare un biglietto di un treno che non ha intenzione di prendere. Il re del panino americano si trasforma anno dopo anno. Ha cambiato tutti i colori, il rosso e il giallo sono troppo vistosi, troppo americani. Hanno optato per un marrone cioccolata e oro, che fa un po’ caffetteria Europa-oriented. Hanno aperto anche un’altra sezione che si chiama Mc Caffè. Il Mostro muta seguendo le leggi evolutive di Darwin, si adatta al contesto, si rende conforme. Cerco un posto dove ancorare le bicicletta, poi do un occhio in giro per vedere di scovare qualche elemento della crew e trovare un bar dove fare una sonora colazione.

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Il centro storico di domenica mattina di fine settembre è invaso dal popolo viola. No, non quello di facebook, ma quello delle magliette -appunto viola- sponsorizzate da Salvatore Ferragamo e La Perla per una marcia di beneficienza. Più che una marcia, l’iniziativa si presenta fisicamente come un’invasione di cavallette che riempie le vie del centro. Firenze centro storico l’accoglie, come accoglie le solite orde di turisti, offrendogli lo scenario architettonico, che viene quotidianamente consumato come parco storico-turistico. Una volta usciti dal flusso viola, si raggiunge la Stazione centrale che sembra respirare a nuova vita senza la pensilina che aveva oberato per anni il fianco dell’edificio di Michelucci &co. su via Alamanni e la coscienza di Toraldo di Francia che l’aveva malaugartamente progettata. Qui oltre a prendere i treni, taxi, bus e la nuova tramvia, si possono noleggiare le bici per fare un giro ecologico e a basso costo di Firenze. Da anni, su iniziativa dell’ass. Città ciclabile, la cooperativa sociale Ulisse (che si occupa principalmente dell’inserimento e dell’integrazione lavorativa di persone in condizioni di svantaggio, con particolare attenzione all’area del disagio psichico con un accordo tra la Firenze Parcheggi e il Comune,), gestisce il noleggio  di piazza Stazione.(cooperativa ulisse e progetto millebici). Noi approfittiano delle sole 2 euro giornaliere per I residenti, per avere delle fantastiche bici blu con tanto di cestino per partire alla “deriva”.

11.30am

Esplora gire.
Sono intento a divorare un panino con la bresaola, talmente asciutta che ha rischiato di soffocarmi; Manuela si spara il rituale cappuccino, dopo un corpo a corpo con il vecchietto che noleggiava le biciclette. C’è anche Lorenzo, Laura (Lamaca) e il Pancione. Fuori dal bar, appoggiato al corrimano, Anoush fuma paziente, afflosciato sulla sua bianchi verde pisello. Mentre districhiamo i mezzi, arriva anche Jacopo, chiaramente in ritardo e fieramente consapevole di esserlo. Verifichiamo il nostro armamentario per la documentazione. Abbiamo tre macchine fotografiche, una telecamera e un taccuino di cuoio. Ci spostiamo rapidi davanti alla fortezza, per veder se qualcun altro avesse raccolto l’invito ad unirsi a noi. Ad aspettarci c’è solo l’orribile monumento in Piazza “Bambini di Beslan”. Sembra una scenografia per un teatro delle marionette assemblata da bambini focomelici, in scala 1 a mille. Ci fumiamo un’altra sigaretta di rinforzo, mentre aspettiamo che Laura e Lorenzo ci raggiungano.

Esplora Lamaca
Siamo pochi esploratori urbani della domenica mattina -ma tutti ben convinti della deriva- a trovarci sotto il monumento della piazza Bambini/e di Beslan. Il monumento che sovrasta la piazza visibile sia per chi l’attraversa in superficie sia per chi viaggia in auto nel sottopassaggio non ha niente a che vedere con la strage nè con il principio di arredo urbano perchè non arreda niente anzi disturba sia la vista che il passaggio.  Il monumento appare sia di giorno che di notte come un funesto e isolato presepio teatrale fuori stagione e fuori luogo. Formalmente è un gruppo scultoreo in terracotta e marmo di Mario Ceroli intitolata “Silenzio: ascoltate!” ( ci si potrebbe chiedere che cosa e soprattutto chi e perchè?), donato dalla Provincia di Firenze nell’ambito delle iniziative del “Genio Fiorentino” dell’anno 2007. Si tratta di una specie di cavea teatrale, dove si trovano collocate le sagome di “geni fiorentini” da Dante, Giotto, Ghiberti, Brunelleschi, fino a  Roberto Benigni. Vi rendete conto?Andate e vedete… e se ci riuscite ascoltate!

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A me mi ricorda quei poster che ormai si trovano in tutte le pizzerie napoletane del globo con una parodia dell’ultima cena in cui sono rappresentati come commensali i miti della napoletanità: Massimo Troisi, Eduardo, Peppino, Nino Taranto, Pino Daniele, Tullio De Piscopo, Massimo Ranieri…

12.00am

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Ci spostiamo lungo il viale che costeggia la fortezza, pedalate lente, il gruppetto si allunga e si accorcia, assecondando istanze e tempi diversi, come un anellide indeciso. Le crew non nascono mai funzionanti, hanno bisogno di tempo ed esperienze condivise per diventare sincrone. Ci fermiamo davanti all’ex area fiat, ancora chiusa dai cantieri; le pareti di cemento sono rivestite a festa con pubblicità a rapido consumo, messaggi ammiccanti pensati per gli automobilisti. Nessun altro ha un motivo valido per guardare in quella direzione, visto che ormai da anni un muro di 5 metri chiude l’orizzonte. Mandiamo in avanscoperta Lorenzo, armato dei suoi due metri di altezza e di macchina fotografica. Lo osservo dall’altra parte del viale mentre cerca di infilare l’obbiettivo della canon fra le lastre di cemento, per rubare qualche immagine al cantiere. Se ne torna dopo dieci minuti sconsolato. La macchina fotografica fa le bizze e non ha nessuna intenzione di smettere, neanche fra le braccia della legittima proprietaria, che si incazza come una tigre e la appende sconsolata al collo.

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Il cantiere del nuovo hotel, originariamente firmato da Jean Nouvel, è apparentemente fermo. Intanto hanno scavato il buco delle fondamenta ma non sembra che siano andati avanti coi lavori. Intanto, non ho più avuto notizie del progetto. Dopo che l’architetto francese ha ritirato la firma dal progetto sembra che i tentativi per fargli cambiare idea non siano andati a buon fine. E allora? Che succede ora? Proseguiamo lungo il viale Redi, tutto un cantiere per i lavori di sistemazione dell’invaso del Mugnone. Lavori che sembrano essere prelminari alla realizzazione dell’attraversamento e della nuova stazione dell’alta velocità. Ancora una impresa piuttosto discussa e discutibile.

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Procediamo lenti lungo Viale Redi. Troviamo un cantiere accessibile e ci fermiamo a scattare due fotografie. Non riesco a riconoscere l’edificio che vedo dall’altra parte del cantiere. Siamo abituati a guardare le cose sempre dallo stesso lato, e quando ti trovi a guardarlo da prospettiva insolita, non lo riconosci, è cosa nuova. Hanno finalmente tolto le pareti di cemento che chiudevano la visuale sul torrente, nascondendone gli argini. Noto con piacere che hanno fatto una ciclabile, ma che ancora non l’hanno aperta. Attraversiamo il ponte e andiamo dritti verso via Circondaria.

12.50am.

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Mentre ci muoviamo, ci teniamo d’occhio. Incontriamo pochi passanti, la mamme si preparano al pranzo domenicale, i padri attendono stravaccati in poltrona, in attesa che i figli si riprendano dalle sbronze del sabato sera. Arriviamo agli’ex-macelli, luogo incandescente dal punto di vista della trasformazione urbana. Qui infatti dovrebbe sorgere la nuova stazione della TAV; cerchiamo varchi visivi che ci permettano di sbirciare dentro il cantiere, che ancora si presenta come una sterminata landa di terra smossa e mezzi gialli parcheggiati al sole. Le mura di cinta e i cancelli sono l’unico elemento originale del vecchio edificio. Ci giriamo intorno in ordine sparso, scattando qualche foto, molte finestre della zona hanno ancora le serrande abbassate, restie a concedere al giorno, l’ingresso nelle intimità da loro nascoste. Sui muri, accanto ai campanelli multietnici, ricorre un volantino che convoca un’assemblea cittadina contro il progetto dell’alta velocità. Il passaggio dei treni super-veloci è uno dei motori immobili della trasformazione dell’area urbana, interessando la città in molti punti, con un impatto molto forte sui territori e sui cittadini.

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Ci muoviamo verso L’ex Panificio Militare. Qui non sembra sia successo nulla, tutto appare fermo come da anni a questa parte. meno tranquillo sembra essere il comitato Ex-panificio Militare che da anni appare uno dei più attivi a Firenze.

1.15pm

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Mentre attraversiamo via del ponte di Mezzo per buttarci verso Novoli, notiamo che il Cinema Manzoni ha chiuso i battenti, uno dei tanti cinema storici costretti ad abbassare la testa di fronte al dominio dei Multisala, cresciuti come funghi ai margini della città. Questi prefabbricati abnormi, ospitano ogni sera migliaia di utenti, facendoli pascolare liberamente dentro sterminati territori commerciali, attratti dal luccichio delle nuove tecnologie per l’intrattenimento di massa. Quello che perdiamo sono dei pezzi di storia urbana e la possibilità di scendere sotto casa, semplicemente per vedere un film, senza la necessità di prendere la macchina e fare 10km dopo un giorno di lavoro e sbattimenti. Quando ancora non conoscevo la città, l’immensa insegna blu del Manzoni, appollaiata di sguincio ai bordi di un incrocio, è stata uno dei miei primi punti di riferimento per muovermi a Firenze. Per i nuovi arrivati sarà diverso. La truppa comincia a borbottare dalla fame, ma decidiamo di fare un ultima tappa prima del pranzo. Il nuovo parco di Novoli. Per la gioia del sottoscritto e del proprietario della bici, il freno di dietro mi abbandona.

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1.30pm – subito dopo il ponte di mezzo si apre un sentierino lungo il canale, che punta dritto su via di Novoli. Tutto intorno gli argini sono verdi, i palazzi fanno capolino da dietro gli alberi. Pedaliamo a rilento lungo questo pezzetto di natura in mezzo ad uno dei quartieri più cementificati della città. Seguiamo una lingua di terra battuta, passando accanto ad un uliveto recintato, fino ad arrivare sulla rotonda del Block-buster, un’altra specie commerciale in via d’estinzione. La strada è chiusa da una rete, che qualcuno prima di noi aveva allentato per creare un varco. Il buco è stretto e ci passa a malapena Anoush con la sua bici super leggera. Tutti gli altri sono costretti a passarsi le bici a braccia al di là dalla rete. Laura e il pancione se la cavano egregiamente anche in questa prestazione atletica, dimostrando ampiamente che la tendenza a considerare la gravidanza come un handicap o una malattia non è altro che una superfetazione isterica della nostra fobica società. Attraversiamo la rotonda e dinnanzi a noi sorge uno dei palazzi più brutti della storia. L’hanno tirato su accanto ai nuovi edifici dell’Università, e nessuno di noi sa a quale funzione sarà destinato. E’ il preludio perfetto per quello che ci aspetta pochi metri dopo.

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L’edificio in questione è disegnato dall’architetto Aimaro Isola, considerato un nome nell’architettura italiana contemporanea, soprattutto in binomio con Roberto Gabetti, legato soprattutto alla stagione del neo-liberty italiano negli anni cinquanta. Si tratta del multiplex del nuovo complesso di Novoli, uno di quei complessi mezzo cinema e mezzo centro commerciale di cui sopra. Il cantiere è rimasto per anni sotto sequestro, per ragioni piuttosto confuse. Adesso sembra sia stato sbloccato, ma i lavori non procedono e comunque sembra che la destinazione d’uso debba cambiare. Certo che brutto è brutto… mi chiedo se è il prodotto di un architetto che ha avuto un suo momento felice poi andato in malora, se si tratto di un incidente di percorso, o lui è imbalsamato in un armadio e ormai altra gente progetta in uno studio che porta il suo nome.

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1.45pm – Io e Anoush come due bambini stupidi partiamo in fuga verso il parco, lasciando gli altri un po’ più indietro. Costeggiamo la grande cancellata blu che cinge il parco, che già da qui sembra un posto alieno alla vita. Una volta entrati facciamo qualche giretto sulle bici divertendoci a passare sui ponticelli in legno che dovrebbero fare “nature” invece sembrano finti più del cemento. Sotto i suddetti, un accozzaglia assurda di materiali minerali dava forma a una specie di pozza. Subito sopra di noi, un’ampia scalinata faceva da intro alla maestà del nuovo palazzo di giustizia, che sorgeva fiero, all’orizzonte. La sensazione emanata dallo spazio era imbarazzante. Sembrava un rendering fatto male. Le panchine vuote erano le uniche spettatrici di questa imbarazzante buffonata. Mentre mi guardo intorno stupefatto, vedo Manuela che spinge la sua bici. Catena saltata, pausa manutenzione.

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Beh, è la prima volta che lo vedo finito, l’edificio più grande costruito a Firenze dai tempi del Duomo. Un progetto datato già al suo nascere, opera fuori misura di un architetto declinante che ha fatto di molto meglio. Un cantiere che si è trascinato per decenni, prima come un fantasma urbanistico, poi come una concrezione in divenire che ha accompagnato l’arrivo a Firenze nord di milioni di automobilisti. Eccolo li. Più ancora che la sua forma, detesto il concetto, che tuttavia la forma  bene interpreta: la cittadella legale fortificata, un universo concentrazionario che ammassa insieme tutto l’apparato burocratico giudiziario della città, un inno all’autoreferenzialità, come d’altra parte gli analoghi processi che riguardano l’università, lo sport, etc. Un altro pezzo della composita  attività del centro che evapora, un’altro “polo” che si ritaglia il suo spazio specialistico. Bah…

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2.00pm – Non c’è verso di rimettere la catena; un maledetto carter blindato ne impedisce l’accesso. Dopo aver piegato le chiavi di tutti, Anoush getta la spugna e ci organizziamo in qualche modo ad attraversare il parco a passo d’uomo. Subito dopo la scalinata un viottolo lastricato ci conduce su un ponticello che passa sopra ad una grande fontana. Sulle pietre qualche scritta a pennarello. La maggior parte banali come l’adolescenza. Di là dal ponte c’è un “area cani” sponsorizzata da una ditta che produce crocchette. Un educatore cinofilo si annoiava aspettando qualche vecchietta con il ciwawa da rieducare, chiacchierando sommessamente da dentro il suo gabbiotto con un passante altrettanto annoiato.

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Procedendo di bruttezza in bruttezza, il nuovo parco di San Donato è veramente sconcertante. Ci si chiede come sia possibile dopo trent’anni di polemiche e sotto i riflettori di tutta una città – è stato scomodato pure Leon Krier per farci  il sermone sul new urbanism – si possa realizzare il più imponente progetto di redevelopment urbano di Firenze con una qualità progettuale così scadente. A proposito di Krier, trovo divertente la sua dichiarazione nella intervista che ho linkato: «Il polo universitario. La mia idea era che gli edifici fossero dispersi nel quartiere, mescolati a quelli residenziali, di modo che l´università fosse parte integrante della nuova città e gli studenti non fossero più una specie di “concentrazione tossica” Ci misi un sacco a convincere l´allora rettore Paolo Blasi, ma alla fine capì che ciò che avevo in mente era un vero campus sul modello statunitense, solo che al posto degli alberi ci sarebbero state le case, e ne fu entusiasta. Poi è cambiato tutto, semplicemente perché un polo unico, così come è adesso, era più facile da realizzare». In pratica, voleva rifare ex Novo(li) quello che a Firenze c’era già in centro, e che sanno facendo di tutto per smantellare: una città universitaria. Ora lui si adombra, e disconosce il risultato, ma intanto ancora una volta, come nel precedente caso di Jean Nouvel, i grandi nomi internazionali vengono usati solo come specchietti per allodole, come agenti promozionali per aprire la strada a grandi processi di trasformazione che poi seguono le loro immutabili logiche di speculazione fottendosene dei bei principi dei (pagatissimi) saggi di turno.

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Jacopo ha fame. Ogni due minuti mi minaccia di morte se non lo porto a mangiare. Vado con Anoush in avanscoperta per trovare un posticino per un pasto veloce. Di domenica non è facile trovare qualcosa di aperto nei paraggi. Dopo un po’ di giri, troviamo una pizzeria ristorante poche centinaia di metri sopra il parco. Mentre vado a chiamare gli altri, per annunciargli la lieta novella, Anoush e Manu si mettono a combattere un altro round con la bicicletta scatenata. Come insegna la storia e Kubrick, fu la capacità di servirsi di strumenti che fece fare il balzo evolutivo all’uomo. Grazie a un coltello trovato per terra, il nostro meccanico forza l’ostinato guscio protettivo e rimette in funzione il mezzo. Incateniamo le bici e andiamo a sgranare.

2.20pm – Il ristorante è arredato in stile cinese moderno ed è vuoto. Ci sediamo ad un tavolo, con la pizza in testa, poi scopriamo che la pizza la fanno solo la sera. Ci mangiamo allora un buon primo e una bella birra fresca. Arrivati al caffè ci raggiunge Silvia, anche lei rimasta vittima del noleggiatore di biciclette e dopo la pausa cicchino, ci rimettiamo in marcia verso viale 11 agosto.

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Via Carlo del Prete scorre parallela al Viale Guidoni, è una via strana dove il quartiere residenziale del dopoguerra  si stempera progressivamente nella periferia, chiusa tra il retro dei mercati generali, Firenze Nova, e la ferrovia. Passiamo davanti a lotti di terra recintati e apparentemente abbandonati, un paio di immigrati frugano in mezzo all’erba alta, mi chiedo se fanno l’insalata di campo o chissà che altro cercano. In questo panorama, tutto asume un aria vagamente losca.   Una demolizione di auto , con le file di pezzi di macchine molto ordinate, mi ricorda che qquesto dovrebbe essere il posto dove una volta c’era  uno sfasciacarrozzse molto noto a Firenze, di nome “Tarzan”. Il suddetto Tarzan  mi ovviene poi essere anche il batterista dei (quasi) noti “Dennis and the Jets”, formazione di roccarolla casareccia alla fiorentina che ha avuto qualche picco di notorietà all’inizio degli anni novanta….

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3.30pm – Facciamo tutta via… seguendo la ciclabile. Costeggiamo un lungo quartiere residenziale, intervallato ogni tanto da dei campi incolti, oppure convertiti in orti urbani dalla popolazione. Troviamo un’anziana signora intenta a strappare le erbacce intorno alle zucchine, subito dietro la recinzione che divide l’orto dalla strada. Silvia attacca bottone meglio di un navigato p.r. La signora ci sta dentro alla grande, specialmente quando vede che ha addosso macchine fotografiche e telecamere. Si deve essere sentita una star. Noi visti da fuori sembravamo scemi. Tutti concentrati a fotografare e filmare una rete verde. La signora si perde un po’ nelle sue storie, poi comincia a farci domande a raffica su cosa facevamo e dove andavamo. Alla fine sembrava una nonna che parla coi nipoti. Riprendiamo la strada e passiamo accanto ad un’area giochi. Io resto fuori perché non mi ispira, manu e Lorenzo vanno a fare un giretto dentro. Mi perdo in chiacchiere con Silvia e Laura, il cielo sta assumendo un aspetto minaccioso. Nell’aria c’è odore di pioggia e butta addosso un po’ di stanchezza e giramento di palle. Proseguiamo lungo la strada, passiamo accanto ad un 6×3 incorniciato dalle toppe di colore che il comune stende per coprire le scritte sui muri della città. Sul cartellone si promuove l’iniziativi dei 100 luoghi proposta da Renzi per promuovere la partecipazione diretta dei cittadini ai processi di trasformazione urbana. Poco più avanti una vecchia tipografia aveva fatto rimuovere l’insegna. Sul vetro una scritta in pre-spaziato annunciava “stampa digitale”; la scritta tipografia, ormai superata rimaneva come un’ombra sul muro, muto testimone del passaggio dei tempi.

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4.00p.m. – Causa probabile pioggia, decidiamo di saltare la tappa al Palagio degli Spini e tiriamo dritti verso il viale XI agosto e il cantiere della scuola per marescialli. Passiamo davanti all’area dove dimorano i giostrai delle Cascine. La strada è ingombra di tir. Fra un camion e l’atro si intravedono le case-roulotte e qualche giostrina dismessa. Poco più avanti ci imbattiamo in una festa pomeridiana. C’èra un complessino che suonava, con tanto di ragazze immagine e tutta una serie di soggetti sparsi, tra famigliole e ragazzi che pascolavano li intorno, chiacchierando fra se. La scena era abbastanza surreale, la comunità sembrava peruviana ma non ne sono sicuro. Ci siamo fermati a guardare per un bel po’, poi abbiamo proseguito.

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4.20p.m. – Passati nel piccolo sottopasso ci siamo ritrovati all’imbocco di Viale XI agosto, dove abbiamo notato altri orti, praticamente dentro la rotonda di uno svincolo autostradale. Sai che pomodori vengono su. Appena imbocchiamo il Viale si staglia davanti a noi l’immensa valanga di cemento della nuova accademia. Nel cantiere tutto tace ma non perché è domenica. I lavori sono fermi da diverso tempo perché tutta l’area è sotto indagine della magistratura. Indagine che è andata a scomodare pezzi grossi della politica locale e nazionale. Davanti a noi si apre l’immensa piana che confina con l’aeroporto, il luogo di massima espansione e speculazione della città. Qui ci dovrebbe sorgere la tanto discussa cittadella Viola, ci si dovrebbe espandere l’Amerigo Vespucci e si vorrebbe costruire edilizia residenziale di massa. Per adesso ci sono solo gli immensi pali di cemento dell’accademia dell’esercito, la massiccia struttura in cemento armato che ne definisce gli spazi. Già ora è orrenda e se un giorno mai la finiranno sarà ancora più brutta. Passiamo davanti al campo Rom, che sembra svuotato dall’interno. Ci sono molte meno personee anche molti mezzi e baracche sono scomparse. Probabilmente hanno fiutato il pericolo, oppure sono stati costretti a togliere le tende.

Passiamo Velocemente il raccordo che ci immette dentro via Reginaldo Giuliani. La salita fa diverse vittime, Laura e il Pancione cominciano a dare segni di cedimento.

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Il Viale 11 Agosto è in realtà un raccordo autostradale. Pensare che la gente dell’Olmatello ha vissuto e cresciuto i suoi figli per decenni ammassati dietro un muro di cemento affacciato su uno stradone a scorimento veloce, incastrati tra un distributore di metano, l’aeroporto, rimesse di camion… ti da l’idea letterale del concetto di marginalizzazione. Continuando a percorrere il viale in bicicletta ci troviamo progressivamente incanalati in uno svincolo scendiamo in un sottoattraversamento, risaliamo con le macchine che ci sfrecciano a fianco senza corsia ciclabile nè di sicurezza. Sbuchiamo all’incrocio con la via Sestese, dove converge un altro pezzo di raccordo sopraelevato abbandonato, morto, cinto di guard rail. La vegetazione se lo sta riprendendo, gli alberi hanno spaccato l’asfalto… un quadro ballardiano alla fine di Firenze.

esplora gire
4.30p.m – Sono molto vicino a casa. Decido di abbandonare la truppa e virare verso una tazza di tè e una pausa divano. Il resto del crew imbocca in direzione Piazza Dalmazia, puntando sul Meccanotessile, io passo fra le strade deserte del mio quartiere, poi affronto la salita familaire che mi riporta a casa.

ore – Via Sestese

ore – Via Reginaldo Giuliani

ore – Meccanotessile

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PASSÆGGIO A NORD-OVEST

PASSÆGGIO A NORD-OVEST
In bici verso la Piana

A partire dall’esperienza di Triangolazione, a distanza di quasi sei  anni il laboratorio ha deciso di ripercorrere il territorio a verso la Piana di Firenze per riscoprirne i luoghi, e operare una verifica sulle osservazioni e riflessioni compiute a suo tempo su un territorio strategico in forte trasformazione dell’area metropolitana. L’area in questione rappresenta l’altra faccia delle dinamiche in corso nel centro storico di Firenze, dove il predominio dell’economia simbolica sta inesorabilmente espellendo ogni funzione differente al di fuori delle mura ricreate della cittadella rinascimentale. Attività artigianali, residenza, amministrazione pubblica, caserme, centri commerciali vengono ricollocati strategicamente al di fuori dell’antico cuore della città, con l’intento di decongestionarlo, ma di fatto trasformandolo sempre più nettamente in un distretto monofunzionale globale dedicato alla economia turistica e allo sfruttamento del city user transitorio. Dall’altra parte,la città nuova proposta si adatta sempre di più a standard anonimi e funzionali, privi di caratteristiche identitarie forti, senza continuità con la straordinaria qualità urbana che ha contraddistinto Firenze nei secoli. Polemiche, speculazioni, disavventure giudiziarie emergono in relazione alle grandi operazioni edilizie che stanno fioccando negli ultimi anni, in particolare nella zone toccate dalla prima esplorazione compiute da cartografia resistente. Ex area Fiat, Castello, Peretola, Cascine, Le Piagge, Ugnano-Mantignano, Argingrosso, sono tutte aree critiche che segnano l’atlante delle trasformazioni urbane così come del conflitto politico di Firenze. Un nuovo ciclo di derive urbane aperto al pubblico verrà proposto da Cartografia Resistente nel quadro di Legal Disagreements/Disaccordi Legali, ripercorrendo nel 2010 i luoghi già toccati nel 2004. Una verifica collettiva, che avrà modalità e regole differenti, concentrandosi sulle aree calde, sui contested territories in cui  stanno avvenendo le trasformazioni più eclatanti, accompagnati da voci critiche e informate che ci aiuteranno a capire i sottintesi della storia urbana contemporanea di Firenze. Osservazioni e riflessioni scaturite da questa nuova esplorazione di CartografiaResistente verranno raccolte sul blog, cercando di restituire al pubblico uno strumento di informazione e dibattito sul futuro della città.

APPUNTAMENTI aperti a tutti

Deriva #1: Novoli/ Castello
Domenica 26 Settembre, ore 11.15

Meeting point: Fortezza da Basso, Piazza Bambini e bambine di Beslan

  • Viale Belfiore
  • Via Circondaria – Nuova stazione TAV
  • ExPanificio Militare
  • ExAreaFiat – Parco SanDonato
  • Meeting point Palagio degli Spini
  • Aeroporto di Peretola
  • Area Castello – Scuola Marescialli
  • Meccanotessile

Deriva #2: Isolotto/Cascine
Martedì 28 Settembre, ore 14.30

Meeting point: Stazione Leopolda

  • Firenze Leopolda
  • Central Park/Meccanò
  • Ponte tranvia
  • Isolotto
  • Argingrosso
  • Ponte all’Indiano
  • Parco delle Cascine

Logistica

  • Bicicletta. Se non si è in possesso di bici, si può noleggiare in Piazza della Stazione.
  • Macchina fotografica e/o audio/video
  • Block notes
  • Acqua e cibo ( specialmente per la D #2 che avviene di domenica)
  • …quello che vuoi

https://cartografiaresistente.noblogs.org

Tracciato del percorso

Numeri utili

Lore 338.5984221
Gire 3203176650

Per info e comunicazione adesioni mail:  lamaca@autistici.org

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CARTOGRAFIA RESISTENTE A VILLA ROMANA-FIRENZE

Legal Disagreements/Disaccordi Legali
25.09. – 31.10.2010

Un progetto a cura di Matteo Cavalleri e Luisa Lorenza Corna

Piero Frassinelli / Superstudio, Tellervo Kalleinen & Oliver Kochta-Kalleinen, Bernard Khoury e Yasmine Almachnouk, Frauke Gerstenberg e Jan Liesegang / Raumlabor, Eva Sauer e Robert Pettena, Cartografia resistente, Brave New Alps, Lungomare / Osservatorio Urbano, Jan Van Eyck Academie, Design Department (Jack Henry Fisher e Luisa Lorenza Corna)

Orario di apertura: dal martedì al venerdì dalle 15 alle 18 e su appuntamento

www.villaromana.org

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DERIVA 03

DERIVA 03

Si scoprono un sacco di cose, camminare per la città diventa praticare una forma di narrativa viva, in cui tracce, mondi, storie, possibilità si succedono con piglio romanzesco. Per sbaglio stavo aspettando gli altri davanti all’ingresso del carcere. Invece che sul fianco. Tempo due minuti, le guardie, dalla portineria, mi chiedono se stò aspettando che esca qualcuno…

mi chiedo se la presenza del carcere influisca sulla vita delle persone che ci vivono accanto. Forse alla maggior parte della gente quello che succede dietro le sbarre non interessa, o forse affacciandosi alla finestra si chiedono che cosa stanno facendo la dentro…
Quello delle antenne che si moltiplicano, è un elemento del paesaggio che mi incuriosisce e penso che nelle nostre esplorazioni dobbiamo provare a tenerci un occhio sopra.
Con infinito stupore ci accorgiamo che la strada c’è, non solo: la volta scorsa ci siamo passati davanti e non l’abbiamo vista. Ho innalzato un ode ai santi ringraziandoli dei km in più che ci hanno regalato, poi abbiamo imboccato la stradina che ci avrebbe condotto al borghetto di Sollicciano.
Un grande punto interrogativo.
Pensavo che Sollicciano era solo il carcere, invece prima fu il borgo, poi il carcere. La chiesa è animata da un piccolo viavai di famiglie, vecchiarelli e bambini che, una volta finita la messa, si dirigevano a salutare i loro avi sepolti nel cimitero di fronte. Ci scrutavano cercando di capire cosa ci faceva gli alieni a Sollicciano il giorno della Befana. Io mi ero incantato ad osservare la consistenza della terra appena arata nel campo antistante, mi sono accorto solo all’ultimo che il guardiano (becchino) del cimitero, rimbrottava Lorenzo per la sua curiosità.

… non per la curiosità, ma perché non si potevano fare foto dentro il cimitero, ed io mi stavo avviando per entrare. Comunque era tranquillo. Un magrebino credo… abbastanza giovane… Ora so che oltre alle Coop, non si possono fotografare i cimiteri. Piuttosto devo dire che a me, mi affascinano le foto dei morti sulle lapidi. Soprattutto quando ce ne sono tante tutte in serie, che ti guardano come il pubblico di uno spettacolo teatrale… Sembra il cimitero della Pop-Art… il cielo è grigio. Giriamo uno spino.
Chi ha costruito quel ponticello non ha tenuto in considerazione l’esistenza dei pedoni.
Siamo lungo la greve, sotto un pilone di cemento armato un motorino bruciato, ciottoli, manifesti pubblicitari attaccati, di circo principalmente, che in realtà non si capisce bene perchè li abbiano attaccati, dato che dopo chi li ha messi, ci siamo passati solo noi da quel luogo remoto…
La tipica terra di nessuno, dove non c’è motivo di andare.
Lasciamo il fiume all’altezza del campo giostrai: ne avevamo ià incontrato uno nella prima deriva, vicino all’Olmatello credo. E questi giostrai ci riconosceranno in seguito, alle giostre delle Cascine. Tra le case-camper e i panni stesi, c’è qualche cane sciolto, sperando che fiutino che la nostra coscienza è pulita, e raccontiamo con frasi secche, a chi ce lo chiede, quello che stiamo facendo.
Quella delle opere iniziate e poi sospese senza mai essere finite. Chissà cosa è successo, che ha fatt sospendere la costruzione di questo bunker di cemento. Naturalmente pensiamo subito “però che figata farci una festa dentro…”
L’immagine di una vecchietta scappata via per caso da un paesino sperduto dell’entroterra siciliano di cinquant’anni fa, che butta via una scatola di cartone più grossa di lei… le strade strette, le botteghe, più che i negozi… un clima ovattato e soffuso, a tratti soffocante. Ed eccoci in mezzo alla periferia urbana, quella dei palazzoni, dell’ espansione residenziale della città. Luoghi anonimi, dominati dall’automobile, dalla sfera mobile privata, dove pure le tracce di vita quotidiana emergono di tanto in tanto con forza drammatica. Come nel caso di un’accorata richiesta di lavoro…
Nelle nostre esplorazioni, mai abbiamo incontrato un luogo totalmente ostile, si è vero, ti guardano come un marziano, ma non necessariamente chiudono le porte, tirano giù le persiane, quelli che ti privolgono la parola lo fanno spesso per insultarti perché stai facendo le foto…
L’Argingrosso è uno dei posti più affascinati di Firenze, forse perché in un territorio tutto così denso, sfruttato e privatizzato, è uno dei pochi luoghi trascurati, inselvatichiti, dove trovano spazio forme di vita interstiziali. Nel corso del nostro safari ci siamo arrivati stanchi, dopo un lungo tragitto e quindi vi abbiamo dedicato poca attenzione.
Un filare di alberi che crescono con le radici nel fiume è tutto infestato di buste di plastica e residui non biodegradabili portati dall’acqua, che lasciano una traccia forte dell’intensità degli elementi in piena. Mentre scendo per andare a filmare da vicino gli alberi, in mezzo all’erba verde brillante trovo una polaroid di un cazzo semi-eretto.
La luce è peggiorata, la stanchezza si fa sentire e nella truppa serpeggia la voglia di sospendere l’esplorazione per riprenderla in condizioni più favorevoli.
Sulla passerella dell’isolotto, il trend del momento è il pantegana watching, attività che si basa sull’accorata comparazione di scala, tra le spocchiose nutrie flottanti e i piuttosto frottanti rattoni dell’Arno.
Un gruppetto di suore in gonnella bianca e un tipo in borghese non bene identificato, parevano usciti da un film di Tinto Brass…
Non vorrei essere petulante ma questa è tutta colpa de “La Nazione” e delle sue campagne di terrore
“bello come una carcere che brucia”
C’è chi può riprendere e chi no. Chi fotografa chi riprende, chi decide chi è amico e chi è nemico… merda, mi sta andando il cervello in acqua un’altra volta
E dire che subisco un certo fascino “casavettesiano” dell’atmosfera e dei personaggi dell’ippodromo. Proprio perchè sono così sparuti. L’atmosfgera dell’ippodromo mi pare particolarmente magica, con tutta la routine di attesa, confabulazione, cavalli che scaldano in pista, e poi la corsa al trotto che si conclude sulla linea proprio davanti al nostro naso. Così, senza la folla urlante e  la concitazione che siamo abituati a vedere nelle grande manifestazioni sportive televisive, tutta la cosa appare assai più irreale, con cavalli, fantini e il piccolo pubblico di scommettitori dai gesti incalliti e rituali che sembrano delle comparse messe lì apposta per noi, offrendoci una godibilissima piece teatrale.
Qualcuno esclama: “noooo il tunnel della droga!” e in effetti… un tunnel dentro il ponte, di cui non si vede l’uscita… manca solo il bianconiglio, o meglio, la bian pantegana. E il pensiero di un tete a tete con un topastro malefico, mi fa rimanere dall’altro lato, mentre gli altri affascinati si muovono per scoprire dove porta…
Mi viene da pensare che i graffitisti, alla ricerca di posti tranquilli per fare i loro pezzi, conducono una fantastica pratica  di esplorazione urbana. Riconosciamo la mano di diversi writers che hanno segnato Firenze…Ecco una linea diritta come quella che abbiamo tracciato con la riga sulla mappa… il mugnone.
Un sacco di posti vuoti molti veramente belli… e su tutti, la manifattura tabacchi. Il sogno di una vita
Se provavi ad affacciarti di la dal muro, si vedeva solo la caserma: immensa.
Che cacchio ci fanno con tutto quello spazio i militari? Quando ributto gli occhi sulla nicchia, la gente si stava arrampicando nei peggio posti…
Mi sono rattristato un po’ all’idea di dover condividere la conoscenza di quel posto con quelle persone: era come se io e la mia crew avessimo scoperto un indicibile segreto urbano, a cui potevano accedere solo menti tormentate e traslucide, prodotti di notti insonni e forsennata ricerca della verità. Poi ti vedi arrivare un perfetto sconosciuto, che con il suo passeggiare placido ti guarda come a dire “Hei bello! É inutile che fai quella faccia, io conosco questo posto da vent’anni”.
Ma hanno i balconi (struttura per lo più sconosciuta a Firenze), hanno i giardini comuni, il posto auto riservato, lo spazio cani, il barbecue collettivo e altri simpatici gadget che ti permettono di avere una vita sociale e relazionale con chi ti vive intorno
sono la variante morbida all’alienazione.
Sul condominio di fronte campeggia la scritta “ VIETATO IL GIOCO DEI RAGAZZI”. Che culo crescere qui…
I piccioni hanno già iniziato ad abitarsi all’idea, appollaiandosi sul bordo del disegno, tutti concentrati nella zona dove sono disegnati i vecchietti  che gli tirano il pane. Lontano dai bambini che li rincorrono. Questi piccioni fanno la cacca sul disegno del parco.
E mi accorgo che tutti i pali della luce sono stati numerati. Apparentemente di recente con degli adesivi con un codice a barre.

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DERIVA 02

DERIVA 02

Ikea… Osmanoro… un mostro giallo e blu nel normale cielo grigio di una giornata invernale pr-natalizia fiorentina. il grigio mi ha sempre dato l’odea di essere contagioso soprattutto nell’umore… ore 10.15… appuntamento per la seconda esplorazione.
“Tutti i bambini sono inviati a entrare all’interno dl negozio per colorare la casetta di marzapane”… dice la voce dell’altoparlante, la sforzata allegria di un’addetta dell’Ikea…
Ho anche inserito la cassetta nella mia videocamerina digitale e mi sono avviato verso l’uscita.
Pur non avendo filmato nullasono stato seguito da un allarmatissimo sorvegliante che mi ha chiesto se per caso avevo filmato dentro. Gli ho risposo piuttosto decisamente di no e me ne sono andato. Mi avesse chesto se avevo piazzato una bomba nel settore cucina non avrebbe avuto un’aria più allarmata.
Naturalmente, visto che minacciare il capitale multinazionale con la mia pericolosissima videocamera è il mio hobby preferito, appena uscito dal perimetro dell’Ikea, sul bordo del marciapede, mi sono messo a inquadrare il distretto gialloblu globalscandinavo. Dopo poco è arrivato spedito un altro sorvegiante che mi ha mostrato tanto di distintivo, mi ha detto che non era possibile filmare l’Ikea. Io gli ho tenuto la videocamera accesa puntata addosso e gli ho fato presente che ro in mezzo a una strada pubblica, e non c’era nessuna base logica per cui l’Ikea potesse impedirmi di catturarne l’mmagine da fuori.
Il passaggio è in mezzo a capannoni industriali/abitati-abitabili, una comunità che ci guarda passare… siamo un po’ alieni, me ne rendo conto. Come si può on essere curiosi di fronte a sei persone con sei occhi meccanici o elettronici che cercano e osservano attorno?
Appena dietro l’angolo, un mondo cinese inscatolato nei capannoni dell’Osmannoro.
Chissa? Forse faranno delle gite organizzate di nipponici anche all’Osmannoro oltre che al duomo. A cosa faranno le foto?
I piedi battono una strada passata principalmente da macchine… uno spazio morto… un luogo di attraversamento ad alta velocità… qui sono i segni umani a incuriosire. Il contesto è di industria, automobili in movimento, aspettare l’autobus… qui si passa, qui ci si muove… dificile immaginarsi degli uffici (che in realtà esistono).
Penso a quanti luoghi morti dedicati solo al passaggio esistono in questa città… Quale il senso di questi luoghi… Quale il fascino… Abbiamo poca voglia e pochi motivi per fermarci lì… ci moviamo… Anche noi attraversiamo questo spazio… Beh, con una velocità a me poco familiare, quella dei piedi in città…
Ci inoltriamo in una strada sterrata perpendicolare piena di pozzanghere, contornata da preservativi spiaggiati che sembrano un po’ delle meduse, improbabili fioriere ornate di catarifrangenti… tracce di vita di ogni tipo inattese tra i capannoni della periferia produtiva.
Passiamo un sottopasso della ferrovia e jp mi indica qualcosa. Sul muro una tag ‘PATTEX 003’, writer della prima ora del sottobosco cittadino, che sta lì probabilmente dalla prima metà degli anni ’90. Più in là residui di una fotocopia, tipico stile PATTEX. Siamo su derive già tracciate da altri psiconauti urbani…
Passiamo davanti ad un grosso cantiere, poi sotto un cavalcavia pieno di scritte e infine sopra un ponticino non più largo di due metri che collega l’Osmannoro a Brozzi.
Gli aerei ci passano sopra. Alla nostra destra piccoli orti, nani chiusi nei giardini di piccole abitazioni e capannoni grigi non ben identificati. ci stiamo rilassando. Avanti.
‘Guarda questo capannone sarebbe perfetto per fare una festa…’
E’ vero… Siamo in mezzo al niente, in una strada stretta, un passaggio che non è trafficato se non da chi lo conosce.
Sembra di essere in un paese… pochi metri e ci troviamo al CR Libertà, dove prendiamo un caffè tra gli avventori locali che osservano stupiti il nostro strano commando.
… la villetta, il cane, il giardino, sky, la domenica al centro commerciale, la domenica sportiva, il fuoristrada.
Il fango ci impedisce di camminare. Mi addentro nel cantiere per fare foto ai blocchi di cemento, sembra deserto, mi viene in mente il video di Aphex Twin.
… siamo alla periferia di Firenze, città che tutti definiscono ‘bellissima’. Qaundo rispondi alla banale domanda: ‘Di dove sei?’… Bellissima!!… Vaglielo a dire a loro, quanto è bellissima firenze…
Osmannoro-Brozzi-Piagge, tre mondi, davvero tre mondi divisi da una strada…
è periferia, lo so…
appena arrivati sulla sponda del fiume sentiamo l’eco di una canzone commerciale provenire distorta dall’altra parte: è il campo rom. C’è, ma non si vede.
Non lo sapevo. C’ero sempre e solo passato sopra, con la macchina.
Non riesco ad immaginarmi come una cosa così massiccia ad oscillare.. eppure oscilla.
Dobbiamo passarci in mezzo, mi prende un pò male. Prendo il cane al guinzaglio, mi avvicino agli altri, metto via la macchina fotografica e mi metto le mani in tasca. Noto che anche gli altri fanno lo stesso. sarò stato io a generare la paranoia? Qualcuno più deciso lascia acceso lo strumento e assume un aria vaga ma serena. non riuscivo a trovare una collocazione a quel gruppo in quel contesto. Il campo rimane sulla sinistra. Lamiere arruginite, panni stesi, vecchie roulotte. Percorriamo una strada asfaltata che mi ricorda la via di un mercato. Da entrambe le parti della strada ci sono persone che ci osservano e si occhieggiano. Il concetto di alienità assume proporzioni massicce nella mia testa. Mai stato così concreto. Troviamo la fonte della musica che sentivamo dall’altra parte. Un macchina con il bagagliaio aperto che nasconde dei diffusori acustici. Ad un primo acchito mi sembrano artigianali. la mia attenzione viene risucchiata da un rom intento a far rombare il motore della sua Delta. Non si capisce come quella macchina si presta così bene a questo tipo di affermazioni.
Misteri dell’industria automobilistica. Il tipo fa un paio di vasche nella ‘via’ che stiamo percorrendo, sempre con il motore rombante si mette a sgommare.
La sensazione che mi ha lasciato dentro si è protratta e amplificata per una mezz’ora e mi ha abbandonato solo quando siamo arrivati davanti alla Greve. Non era mezz’ora, ma 10 minuti.. vallo a chiedere a Bergson.
Mi sento bene… la musica etnica che abbiamo sentito prima del ponte mi ha messo di buon umore… Low ‘fedele alla linea’ non si ferma davanti all’entrata del campo, rimango stupita… non può volere entrare veramente… ‘io non ci voglio passare in mezzo al campo’… ‘che vuoi che succeda’. Lo so che fa finta di niente ma è innervosito pure lui… entrambi abbiamo gli strumenti nascosti.. penso che se ci togliessero tutto farebbero bene… alla fine stiamo invadendo un luogo loro… questa per me è una barriera, altro che cancello!… testa alta, cerco di ostentare sicurezza.. provo ad osservare facendo finta di non farlo… con l’idea di registrare più cose possibili. siamo in mezzo al campo clandestino Masini. Stiamo passando in una stradina sterrata ai cui lati varie persone ci guardano immobili, braccia conserte… due macchine davanti a noi sgommano, l’una davanti all’altra… una signora sulla cinquantina con biondi capelli tinti sorride con denti d’oro. Mi sento di troppo, fuori luogo… non so niente di questa gente, della loro storia.
Gli sto passando in mezzo per seguire una fottuta linea e le mie categorie di paura si scombinano… riesco persino a sorridere quando vedo l’origine della musica. quando siamo quasi alla fine del campo arriva il pulmino giallo della scuola, scendono tre bambini… una bimba vedendo il cane Nepo urla ‘ho paura dei cani!’ ma poi scoppia a ridere.
… mai, credo, anche se fossi stata a Firenze per i prossimi quaranta anni avrei attraversato da sola una situazione così… avanti…
Mentre gli altri si attardano a fotografare mi spingo un poco avanti e mi vado a sedere in un blocco di cemento. Per ricongiungerci alla nostra linea dobbiamo passare la strada che costeggia l’Arno, lungo la quale è sorto il camp Masini. Il più disperato degli accampamenti rom di Firenze. Appariremo come una banda di alieni. Mi pongo il problema di filmare o meno, o se farlo di nascosto.
L’attraversamento è qualcosa di emotivamente intenso.. alcune centinaia di metri fra roulottes e bagni chimici, passando fra sparuti gruppetti di persone che si fermano a guardarci in silenzio… un magnaccione ornato di anelli d’oro ci sgomma affianco… un tipo cool…
Due tubi enormi… ‘Che cos’è?’… ‘Gas!’ Risponde qualcuno in maniera decisa… il Marians spegne la sigaretta.
Pensando di trovare un varco, dopo una rapida perlustrazione dei confini, decidiamo di imboccare il vialone alberato che stà davanti a noi. Poi la paranoia ci assale. Se ci trovano?… mi chiedo perchè stò facendo questo gioco e perchè non sono a casa a fare qualunque altra cosa…
Siamo nell’acquedotto di Mantignano… Ah certo… figurati! Alla fine l’acquedotto che vuoi che sia!.. penso sia meglio muoversi da qui.
C’è un cancello e decidiamo di scavalcare. Il cane Nepo ce lo siamo passati da sopra.
Il classico bar all’estremità di tutto, tangente a qualsiasi periferia, conduzione familiare… uno assomiglia ad Umberto Smaila.
Mantignano è il luogo della madonne. Ho trovato perfino un citofono con rifiniture in radica. Mantignano, in and out.
‘IN’:
-la schiacciatina ripiena di salsiccia e stracchino.
-Umberto Smaila
-il proprietario del bar che ha dato la pasta e l’acqua a Nepo.
-Il citofono in radica.
-Le strade strette.
-il proprietario del pappagallo
-Le pecore
‘OUT’:
-Il pappagallo bastardo che mi ha morso un dito
-Le Madonne che si i sinuano ovunque.
-L’aria della sera che avrebbe fatto diventare malinconico pure Marx.
-Le vecchine rincoglionite che non ci sapevano dare informazioni.
-La strada scomparsa.
All’orizzonte vediamo il carcere.
Qualcuno ipotizza una protesta, altri un semplice saluto a dei conoscentiin visita sotto il carcere.
Sulla carta sono segnati due passaggi. Qualcuno si accorge che abbiamo preso la strada sbaglata.
Il sole è basso all’orizzonte. Dopo circa due km avvistiamo un simpatico cartello che ci avvisa che la strada è chiusa.
Sollicciano è lì davanti a noi, ma noi non possiamo arrivare. Non resta che tornare indietro e ritentare la via precedentemente abbandonata.
Non si vede più un cazzo. I rullini e le schede delle macchine sono pieni.
Stiamo in silenzio, qualcuno prova a tirar su il morale della truppa. Alle cinque riusciamo ad arrivare al carcere e andiamo a prendere il bus che ci riporta verso casa.

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DERIVA 01

DERIVA 01

Un intensissimo ed inspiegabile puzzo di cipolle marce che impestava il luogo del nostro appuntamento.
Lui è lento ed io se arrivo tardi stò male.
I bar… grande cosa. A firenze ce ne sono milioni. Sono come le pietre numerate ai cigli delle statali:uno ogni venti metri. mi piace prenderci il caffè e fare colazione. Ormai ho imparato a riconoscerli e a suddividerli in categorie. questo era il classico bar anni novanta, con l’arredo in finta redica e il bancone luccicante.
Quando leviamo le tende sono le 11 e siamo circa otto persone. La nostra retta passa lievemente all’interno dell’area universitaria e poi fila dritta lungo viale guidoni.
Ci aspettano diversi cantieri. Quella che stiamo per attraversare è una ‘zona calda’ della nuova città. Un tot di gente si infila nel polo e ne perdiamo subito le tracce.
Possibile che fanno tutto con questo stile ‘campo-di-concentramento-con-fioriere’?
… Invece se vogliamo vedere cosa c’è al secondo piano, occorre una tessera magnetica, oppure ci si deve fare autorizzare in portineria.
Lo indicano il numero di cartelli di di divieto.
Se chiediamo a qualche studente cosa c’è di sopra, nessuno ci sa rispondere…
Uno spazio completamente vuoto, bianco, silenzioso, molto diverso di quello ch si vedeva prima della porta. Solo telecamere, ulteriori divieti, riconoscitori di tessere magnetiche e porte chiuse.
Proseguendo sul viale Guidoni, siamo giunti all’imbocco del cantiere. ho provato a filmare, ma immediatamente dl casotto prefabbricato è uscita una guardia che mi ha detto che era proibito.
… nella zona di Novoli abitavano i lavoratori delle industrie pesanti come FIAT, Carapelli, Pignone,… Ancora si vedono i binari che portavano le merci dalla stazione alla sede Carapelli. Ora molte di queste fabbriche sono chiuse , ed il lavoro pesante si fa altrove.
Ognuno di noi ha una cartina con la riga segnata sopra; ci mettiamo ad osservarla con aria dubbiosa. Fra il Polo Universitario ed il Palazzo di Giustizia c’è un enorme buco. Qualcuno mi dice che ci dovrà sorgere un parco. Sono sicuro che verrà gelido e inabitabile almeno il doppio di quanto lo è sul rendering.
Un tizio, un vigilantes, mi vede e corre verso di me con la mano alzata. Io lo saluto e continuo a scattare. ‘FERMO!!! Non si può scattare foto qui.’ Una volta vicino mi chiede chi simo e cosa vogliamo. Gli dò un fiorino e me ne vado.
… Uno di essi ritraeva l’inquietante faccione di Massimo Boldi in una delle sue smorfie da Drive-In… Il ritorno degli anni ’80… cazzo ci hanno trovato!
Superiamo il cantiere ed entriamo in una zona più residenziale. Qui ancora non sono stati riqualificati. Ci sono tutta una serie di palazzi anni ’60 con i vari negozietti sotto.
A questa altezza Viale Guidoni cambia direzione incurvandosi verso nord. La linea salta al di là della strada e noi facciamo lo stesso. Rischiamo anche la morte, sbucando come dei viet-cong dai cespugli del vialone.
Approdiamo nel comodo parcheggio-piazzale del mercato generale. E’ mattina presto per me, lì è già successo tutto, ci sono solo i resti, tonnellate di cibo smerciate per tutta la città e chissà dove, migliaia di braccia che le  caricano, le spostano, le ammassano.
ps. incrociamo un vecchino che passeggia con il cane: sono piuttosto uguali, e hanno l’aria piuttosto indiffrente, chissà, forse lui da casa sua vede sempre queste scene dall’alto.
Poi concludo che non c’è un contesto di riferimento.
Ma sullo sfondo della mia inquadratura si muove qualcosa. Guardo, è una giovane guardiana della banca, sguardo fiero ma dolce, una di quelle fiorentine belle ma un pò mascoline e soprattutto tese, che ha notato il mio obiettivo nella sua direzione e mi sta dicendo: ‘ Oh! Io no, è!.’ Provo a scherzarla con l’obiettivo della macchina ma è già scomparsa: devono averglielo insegnato al corso da guardia. Peccato. Ci muoviamo oltre.
Viale Guidoni è veramente lungo.
Dopo il mercato ci infiliamo in una stradina che costeggia degli edifici molto vecchi, a prima vista abbandonati. Dietro di essi, a giudicare dalla cartina, ci dovrebbe essere un campo di calcio, solcato dalla nostra linea immaginaria. cerchiamo un varco per accedere al campo, ma niente. Privato. Il cancello in fondo alla stradina è chiuso.
siamo ancora su Viale Guidoni, la nostra linea passa decisamente più all’esterno. Infiliamo nella prima traversa disponibile, un lungo stradone che corre parallelo alla ferrovia.
Cazzo questo è un camper. Altro che i furgoni dei travellers ch si trovano ai party!
Un gruppetto di persone ci viene vicino e ci chiede chi siamo.
Anche normale. Noi gli spieghiamo che stiamo cercando un modo per superare la ferrovia e una di essi ci indica un sottopasso, alcune centinaia di metri più avanti.
Dalla parte della strada i marciapiedi sono costeggiati da un’interminabile fila di camion parcheggiati. Dall’altra parte almeno una decina di batterie abbandonate. mmm… Questi giostrai devono essere di Greenpeace.
Davanti ad ogni sottopasso che si rispetti c’è un bar. C’è sempre un bar.
Ancora c’è un bel po’ di strada.
Sotto i piedi il rumore dell’asfalto.
Grazie a dio Annibale-Lowrenz demorde e decidiamo di costeggiare il raccordo.
Lasciamo il deserto e le sue tentazioni al povero cristo e continuiamo la perlustrazione camminando tra il campo e il guard-rail. Inciampo nei vari buchi e colonnini disseminati, una miriade di volte, al che decido che è meglio guardare in terra che intorno. Istinto di sopravvivenza.
Mi volto a guardarmi indietro. Il resto dela krew cammina distratta e si guarda intorno. Chissà che cazzo pensa la gente che passa in macchina quando ci vede: ma questi che cazzo fanno?
zigzaghiamo tra i pilastri tozidei cavalcavia che mi sembrano compore un monumentale “grafico a barre.”
Ci dicono che siamo in un parcheggo scambiatore per i turisti con annesso edificio per conferenze ecc., progettatie costruiti per lo scorso Giubileo ed oggi utilizzati pochissime volte l’anno.
il parcheggio è occupato solo le notti in cui è frequentata la vicina discoteca.
Altrimenti funge da improbabile zona d’intensità pubblica per chi vuole fare una passeggiata, non avendo da queste parti un posto migliore di questo piazzale.
Telecamere e sbarre d’acceso vigilano sugli oziosi passeggiatori.
Si respira odore misto di lavoro nero e arte dell’arrangiarsi.
Infine, tra tanta estraneità disorientante, si gira un angolo e s sentono musiche familiari, colori stucchevoli.
Ogni cosa al suo posto, mercatone dei mercatoni per le coppie moderne e i single di fatto: grazie Ikea!
Si continua a sentire però, quell’odore pungente di sfruttamento del lavoro e arte dell’arrangiarsi.

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